Pensieri ed Emozioni

Tutto chiede Salvezza

Nelle scorse settimane, durante il corso di scrittura che sto seguendo, mi è stato consigliato di leggere il libro autobiografico di Daniele Mencarelli: “Tutto chiede Salvezza”.

Di solito, la mattina quando faccio colazione – e non devo andare a lavoro – ho l’abitudine di vedere una puntata di una serie tv su Netflix. Non avevo nessuna serie in sospeso da finire, così un giorno tra i suggerimenti mi compare il titolo della serie tv: “Tutto chiede salvezza”. Incuriosita, ho premuto play, non sapendo ancora che fosse ispirata al libro. Ero un po’ scettica all’inizio, non mi sono mai piaciute le storie che parlano di salute mentale, di base mi inquietano. Man mano che proseguivano le puntate, mi sentivo affascinata dal modo delicato di affrontare l’argomento, ma sopratutto da come hanno saputo descrivere il dolore. Ogni giorno mi sono sentita sempre più intrigata da un mondo che non conosco e che mi spaventa.

Sono infermiera eppure ad ogni colloquio di lavoro, tutte le volte che mi è stato chiesto: «in quale reparto non vorresti assolutamente lavorare?» io ho sempre risposto: «Psichiatria». Tra “i Pazzi”, come li chiamiamo noi, non ci volevo andare. Perché i Pazzi ci spaventano, non li capiamo, li troviamo strani, sono diversi da “noi”. Non li sappiamo gestire. Ma quando si diventa pazzi? Come si diventa pazzi? Me lo sono chiesta tante volte. Eppure c’è stato un momento della mia vita, dove mi sono posta delle domande diverse: come si fa a restare integri? Come si fa a non impazzire dopo quello che ci succede? Con tutto quello che puoi perdere in un solo giorno? Come si sopporta tutto il dolore che ci capita?

Se penso alla mia vita, sono state tante le occasione dove mi sono sentita pazza o sull’orlo di impazzire. Credevo di impazzire quando mio padre all’improvviso è morto e non ho avuto modo di metabolizzare lentamente la cosa. Ma mi sono sentita pazza anche per molto meno: quando la mia relazione di quasi 5 anni è miseramente naufragata senza un reale motivo. Mi sono sentita impazzire di dolore quando un uomo non mi amava e io lo volevo a tutti i costi. Alla soglia dei 30 anni avevo perso i lumi della ragione e quello che per gli altri era facile da fare a me sembrava un’impresa ardua. Ho perso me stessa per un lungo periodo, senza sapere se ce l’avrei fatta. Perché per anni non mi sono ascoltata, non ho vissuto il mio dolore, ho rimandato il mio lutto, non mi sono fermata mai a sfogare la rabbia ogni qualvolta ho avuto l’impressione di subire un’ingiustizia da parte delle persone. Sono andata avanti. Perché e questo che ci insegnano no? Ad andare avanti. Sempre e comunque. Ma a che prezzo? La verità è che la vita prima o poi ti porta il conto. Come si dice: “tutti i nodi vengono al pettine”. E quando succede ci sentiamo sopraffatti dall’ansia, dalle troppe cose irrisolte dentro di noi. Per tanto tempo ho cercato sempre un colpevole esterno per tutti i miei malesseri, fino a quando un giorno ho avuto un attacco di panico e ho toccato il fondo. E lì, sola nella mia casa, ho capito che la causa non era esterna, ma era dentro di me. La persona che vedevo allo specchio non ero più io. Avevo perso tanto peso, non mi riconoscevo più, ero sempre arrabbiata, nervosa e invidiosa. L’invidia che è un sentimento che ho sempre odiato, faceva da padrone nella mia vita e mi sono vergognata spesso di questo. Ho invidiato la vita delle mie amiche e quella dei miei fratelli perché mi sentivo infelice. Così un giorno ho realizzato che non stavo bene e avevo un problema, ma sopratutto che dovevo chiedere aiuto e lasciare che mi aiutassero.

Penserete: “sei stata brava a superarlo e ad avercela fatta”, eppure io non mi sono mai sentita più brava di qualcun altro. Piuttosto mi sono sentita fortunata. Fortunata a non essere impazzita di fronte a certe situazioni difficili della mia vita. Perché ho realizzato che la vera e unica differenza sta nella sensibilità che ognuno di noi ha nell’affrontare le cose. E’ una linea sottile, quasi invisibile e vi posso assicurare che superarla è un attimo. Le persone che non ce la fanno non sono meno brave o pazze rispetto ad altre, semplicemente hanno una sensibilità diversa e a volte il dolore le paralizza.

E’ una consapevolezza che ho raggiunto anche lavorando, perché sempre più spesso vedo persone andare in Psichiatria, e la cosa che mi sorprende ogni volta è l’eta anagrafica. Sempre più adolescenti e ragazzi con attacchi di panico, in ansia per un esame o per un’interrogazione, giovani pieni di dolore per una relazione che finisce, o ragazze che si sentono inadatte, troppo grasse o troppo magre, che soffrono di disturbi alimentari. Semplicemente persone fragili, bisognose di amore e di aiuto. Viviamo in una società con aspettative sempre più alte, che ci vuole sempre più performanti, così chi resta indietro è uno sfigato o un fallito e molto spesso si deprime. Parliamo di integrazione, ma è una bugia, io vedo sempre più divisioni ed esclusione. Il punto è che chi non ce la fa, non sempre ha il coraggio di chiedere aiuto e può succedere che si isola o si lascia andare.

Per anni sono andata dallo psicologo, e quando ho condiviso questa cosa con le persone, ho visto nel loro occhi quell’espressione. L’espressione di chi mi urlava in faccia: “questa è pazza”. E oltre a sentirmi giudicata, mi sono sentita veramente pazza. Mi sono sentita sola, di fronte a quello che poteva essere un problema stupido, per gli altri poco importante o non reale, mentre per me era una montagna da scalare. Perché viviamo in uno Stato dove se dici che vai dallo psicologo allora sei pazzo. E’ tutto un tabù. Però sono un po’ stanca di chi vuole sempre apparire così perfetto, senza debolezze, senza nessun limite e senza nessun problema.

Passiamo giorni in palestra, mesi a fare diete e anni a fare sport, perché ci prendiamo costantemente cura del nostro corpo. Ma ci prendiamo cura della nostra mente? La alleniamo al “non-attaccamento” alle cose e alle persone? Sappiamo restare in un momento di dolore? Senza evitarlo? Io direi di no. Perché il corpo è più importante della mente? Perché quello che appare ed è in superficie è più importante di ciò che non si vede? Perché la mia serenità vale meno di un complimento al mio fisico? Queste domande mi hanno tormentato, così tanto che ho cambiato tanti punti di vista, e ora credo che sia giusto prendersi cura del proprio IO tanto quanto ci prendiamo cura del nostro corpo. Con la stessa premura, la stessa attenzione e la stessa costanza.

Mi sento fortunata e forse un po’ coraggiosa ad essere riuscita a chiedere aiuto in un momento di difficoltà, e ad averlo superato. Quindi non vergognatevi mai dei vostri problemi e delle vostre debolezze, prendetevi cura della vostra mente e a chi vi giudica dite quello che direi oggi io: «Sono intelligente perché ho scelto di farmi aiutare».

Se ancora non l’avete vista, vi consiglio di vedere la serie tv su Netflix: “Tutto chiede salvezza”. Spero vi dia tanti spunti di riflessione, come li ha dati a me, ma sopratutto spero vi faccia ricredere su una realtà che vogliamo allontanare e che invece ci è vicina, molto più di quello che crediamo.

“Dall’alto,

dalla punta estrema dell’universo,

passando per il cranio,

e giù,

fino ai talloni,

alla velocità della luce,

e oltre,

attraverso ogni atomo di materia.

Tutto mi chiede salvezza.

Per i vivi e per i morti, salvezza.

Salvezza per Mario, Gianluca, Giorgio, Alessandro e Madonnina.

Per i pazzi,

di tutti i tempi,

ingoiati dai manicomi della storia.”

Un commento

  • Paola

    C’è stato un momento della vita in cui la mia paura più grande e’ stata pensare di diventare ” pazza ” perdere la mia lucidità svegliarmi e non riconoscere più me stessa, i miei figli , la mia famiglia i miei pensieri la mia casa . Ho avuto la forza, il coraggio e la determinazione di farmi aiutare da un professionista . Questo non vuole essere la pubblicità di una categoria , perché uno psichiatra/psicologo/psicoterapeuta non ha la bacchetta magica per risolvere i problemi , ma secondo la mia esperienza personale , nel mio caso mi ha prima aiutata ad analizzare i problemi , i pensieri, le incertezze , i rapporti con le persone in famiglia nel mondo del lavoro ecc e poi mi ha fornita i mezzi per affrontarli e gestirli meglio . E un lavoro reciproco che richiede impegno costanza determinazione voglia di farcela . Chi ricorre ad un professionista della salute mentale spesso è guardato con sospetto con sorrisini di sufficienza , e si perché chi non si accetta esteticamente e si sottopone ad interventi estetici più o meno invasivi e’ considerato figo , fortunato a poterselo permettere, e’ spesso invidiato sicuramente giustificato perché non c’è nulla di male a migliorarsi esteticamente se questo serve a sentirsi più sicuri ma chi invece questa sicurezza la vuole costruire dentro e’ etichettato come un debole, un incapace . Tuttavia ho visto un barlume di cambiamento con il progetto ” uno psicologo nella scuola ” nato per combattere il disagio giovanile e la dispersione scolastica . Prima ostacolato dalle famiglie e poi richiesto da studenti che si sono sentiti ascoltati accolti . E’ un argomento complesso e delicato che dovrebbe essere affrontato in famiglia ma a volte proprio la famiglia e’ il problema . Grazie per questo post e per gli spunti di riflessione .

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