Io sono di San Severo
Vi siete mai chiesti perché sui documenti è sempre presente il luogo di nascita? Come se il luogo dove sei nato, insieme al colore degli occhi e all’altezza, fosse un segno di riconoscimento. Come se il posto da cui provieni dicesse tutto su di te e su chi sei veramente.
Sui miei documenti come luogo di nascita c’è scritto: San Severo.
Non ho sempre amato la mia città, spesso mi sono vergognata di dire dove sono nata e cresciuta, soprattutto quando per lavoro sono stata costretta a trasferirmi e a cambiare svariate città d’Italia. Tutte le volte che ho detto la mia provenienza ho visto quello sguardo sul viso delle persone. Uno sguardo indignato, quasi di paura, come se fossi il peggiore delinquente del mondo. Come se dire che sono originaria di San Severo mi qualificasse in una categoria: quella del ladro o dello spacciatore. Eppure io non mi sono mai sentita così, nonostante gli occhi che avevo addosso dicevano il contrario. Raccontavano una storia non vera su di me.
«Ah, vieni dalla città dove la gente si spara per strada».
Che rabbia ascoltare questa affermazione e dover restare in silenzio ogni volta, impotente. Non potendo negare un’evidenza, ho stretto forte i pugni per ogni sorrisino cattivo che ho dovuto sopportare, per ogni frase piena di superiorità che ho dovuto ingoiare. Ho represso la rabbia per ogni articolo di giornale che mi è stato inviato per sottolineare che il posto da dove provengo è terribile.
Eppure oggi ho cambiato idea, perché ogni volta che torno a casa io non vedo quello che racconta il telegiornale, non incontro in giro persone così spaventose o delinquenti come dicono.
Provengo da una città dove lo Stato non arriva, sono cresciuta sapendo che a 19 anni avrei dovuto fare la valigia per andare via e crearmi un futuro. Avevamo le grate alle finestre e spesso i cani antidroga all’ingresso della scuola. Prendere la strada sbagliata era facile, eppure i nostri genitori ci hanno seguito come segugi per evitarlo. Ci hanno cresciuti insegnandoci valori solidi. Valori che ho fatto fatica a ritrovare.
I ragazzi di San Severo crescono sapendo che non avranno un lavoro, che dovranno sudarselo. Le loro possibilità sono limitate ma non per questo smettono di provarci. Anzi, ho realizzato che le persone del sud hanno una marcia in più, perché crescere e riuscire a non prendere una cattiva strada è già un successo. Io vedo il fuoco ardere dentro gli occhi di chi, sente il desiderio di farcela e di dimostrare che vale.
Vengo da una città che mi ha insegnato a sopravvivere.
Nella mia città la vita scorre lenta, non ci sono orari per uscire e per incontrarsi con gli amici. Non c’è ansia e non esiste il ritardo. Semplicemente: «ci vediamo stasera».
La gente sorride e si saluta per strada, non importa se non ci si vede da giorni, mesi o anni, il tempo sembra essersi fermato lì. Come fosse passato un solo giorno dall’ultimo incontro. Ci si abbraccia e puntualmente si litiga davanti alla cassa del bar su chi deve offrire il caffè. Solitamente bisogna sgomitare forte per vincere.
La mattina per fare colazione, non c’è spazio sul tavolo perché le mamme cucinano. Cucinano sempre e ti chiedono cosa vuoi da mangiare per pranzo. Illustrano il loro menù e ti lasciano anche scegliere. Non importa se sei grasso o magro per loro sei sempre “sciupato”. L’odore del cibo aleggia perennemente in casa ad ogni ora del giorno. E quando riparti sembra che devi andare in missione nel Biafra, devi portarti da mangiare a sufficienza per vivere un mese di rendita.
Durante le feste è obbligatoria la processione dei saluti a tutti gli zii, così ti ritrovi a prendere 50 caffè e ad essere interrogato sulla tua vita: «e quando ti laurei?», «e quando ti sposi?», «e quando fai un figlio?». Da piccola mi indisponevano queste domande, le evitavo come la peste bubbonica, mi sentivo lontana anni luce da quei retaggi culturali, ora invece mi fanno sorridere. Mi avvicinano alla mia cultura e alle radici della mia città. E penso che è giusto cosi.
Le persone migliori che ho conosciuto nella mia vita sono di San Severo o del sud, perché hanno costruito un impero partendo dal nulla. Cammino per le strade e vedo attività che resistono, nonostante il “pizzo”, nonostante i furti e le bombe. I San Severesi mi hanno insegnato da sempre la lezione più importante della mia vita: Resistere.
Conosco bene i miei amici d’infanzia e i pochi strumenti che hanno avuto per emergere, ma quando li rivedo non riesco mai a dirgli quanto sono fiera di loro, di quello che hanno costruito da soli con le loro forze, di come hanno creduto nei loro sogni. Alcuni si sono avverati, altri no. Ma riusciamo ancora a ridere su ogni fallimento, ogni sconfitta, ogni fregatura ricevuta dalla vita. Ognuno di noi rivede nell’altro il ragazzo che era, quanta strada ha fatto, quello che ha perso di se stesso e quello che invece è riuscito a non perdere. Soprattutto mi commuove il fatto che dopo tutti questi anni, ai miei occhi sono sempre gli stessi e che riusciamo a stare ancora bene insieme.
In questi giorni, nonostante mia mamma mi abbia fatto pesare di non essere andata al cimitero a trovarlo, ho ripensato spesso ad una frase che mi diceva sempre mio padre: «ricordati sempre chi sei e da dove vieni».
Ero troppo piccola per capirne il significato, ma oggi sorrido di fronte a questa grande verità.
Ora ho la risposta a quella domanda. Io sono di San Severo.
E questo sì, dice tanto su di me. Su chi sono. E non è quello che mi attribuiscono le persone che non mi conoscono o l’articolo del giornale, e nemmeno la sparatoria che trasmettono in televisione. Io sono la mia storia e le mie tradizioni, sono la mia educazione e le mie origini. Sono l’affetto dei miei amici e l’ospitalità della mia famiglia. Sono tutto questo e molto di più: sono la mia cultura. Semplicemente San Severo è casa mia.
E se per anni l’ho vissuto come una vergogna, ora lo vivo come un onore. Perché ho capito che senza le mie origini non sarei diventata la persona che sono oggi. Non so ancora dove mi porterà la vita, ma dovunque andrò sentirò sempre il bisogno di tornare a San Severo. A casa.
Ad ogni amico che mi ha accompagnato in questo viaggio.
Ad ogni San Severese che ho incontrato e che ha scelto di restare per migliorare la propria città.
A chi come me, ha sentito il bisogno di andare via, ma che anche da lontano prova a rendervi fieri.
A San Severo, che nonostante tutto resterà sempre la mia città.
Grazie.
Quando scendi?
E quando riparti?
Che ti cucino per pranzo?
Ci facciamo una foto? Chissà quando ci rivediamo.
Ci vediamo per un caffè?
Ci sentiamo in questi giorni.
Giochiamo a carte stasera? No raga, fa freddo.
Ci vediamo a Pasqua.
8 commenti
Cristina
I tuoi articoli sono sempre bellissimi. Torna presto 😘
Grazia
Racconto semplicemente emozionante… E te lo dice chi la tua casa, i tuoi “odori” di cucina, la tua famiglia li ha vissuti.
Michela Valerio
Grazie per questo scritto.
Anche chi resta, si sente così e…lo apprezza questo San Severo. Ancora di più quando parte per un viaggio.
Mauro Nardella
Mi hai tolto le parole di bocca. Anche io sono fiero della mia città e di quello che mi ha saputo e sa darmi.
Il bello è che condividiamo lo stesso pensiero, lo stesso amore e per la stessa città.
Si dice che un indizio non fa una prova ma siamo quanto meno in due e questo mi agevola nell’affermare che quello che hai scritto è tutto straordinariamente vero.
Complimenti
Michela
Io sono di Apricena, ma sulla mia carta di identità c’è scritto “Nata a San Severo” perché è nell’ospedale della tua città che ho emesso i primi vagiti e conosco bene quegli sguardi di diffidenza quando parlo delle mie origini.
Anche quando dichiaro genericamente di essere di Foggia, parte la la filastrocca del “Fuggi da Foggia… etc. etc.”
Non mi fa piacere tutto questo, ma, come giustamente hai detto, non posso negare che la nostra zona, come molte altre del sud, assurge agli onori delle cronache più per la delinquenza che per le sue eccellenze.
Anche io, come te, per un periodo non ho amato la mia provenienza e mi sono sentita “inferiore” ad altri per questo, ma concordo su quanto sia impossibile rinnegare da dove veniamo e, soprattutto, giusto apprezzarlo e riscoprirlo.
Grazie, uno scritto bellissimo.
Michela
Serenella
Ciao c’è sempre nella vita il periodo che ci si vergogna delle nostre origini da dove veniamo o dove abitavamo….poi si capisce la fortuna di avere quelle radici, non ti vergoni da dove vieni e dove abitavi perché chi ti conosce bene capisce che non ci sono etichette per nessuno… tutto il mondo è paese. 👏👏👏👏
Rosa
Ci vediamo a casa❤️
Guido
Idem, c’è tanta nostalgia ma certamente le nostre origini, le nostre tradizioni non si cancellano
Cito alla nostra festa della Madonna del soccorso, la processione del venerdì santo passando per le delizie culinarie il panciotto, a zuppetta e favolosi torcinelli
Anche nel mio piccolo ho ancora dentro la mia città natia
Anch’io sono di San Severo