Salvezza

Cosa rappresenta per te la scrittura?
E’ iniziato con una domanda questo stage di scrittura. E la cosa mi ha subito sorpreso perché ogni mio cambiamento è sempre partito da una domanda. Ci ho pensato qualche secondo e la prima risposta che mi è venuta di pancia è stata: Salvezza.
Ero un po’ preoccupata per questo weekend immersivo di scrittura, perché non sono brava a scrivere “al comando”, con dei tempi prestabiliti di consegna, in un posto che non è casa mia e senza la mia musica. Solitamente vado in ansia e finisco con lo scrivere cose banali, e io odio scrivere cose che rileggendo non mi piacciono, volevo essere all’altezza degli altri, volevo mettermi in gioco e superare questo limite.
Così ho preso due giorni liberi, ho fatto la mia valigia portando solo l’indispensabile: il mio quaderno e le mie penne. Ho preso un treno e sono arrivata al “Convento dell’Incontro” sui colli fiorentini, appena poco fuori Firenze insieme ad altre 14 persone provenienti da ogni parte dell’Italia, con età e lavori diversi, tutte accomunate dalla stessa passione: la scrittura. Alcune le conoscevo poco, le avevo viste solo tramite zoom nei precedenti corsi di scrittura, altre non le avevo mai viste prima.
Eccomi lì, in quel posto grandissimo, freddo e isolato da tutto e tutti, dove il telefono non prendeva. Il luogo perfetto per poter staccare dalla routine quotidiana e concederti una piccola pausa dalla vita. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, ai campeggi estivi con gli scout, dove non avevamo il telefono, musica o televisione ma solo condivisione tra noi e canzoni stonate cantate con la chitarra davanti al fuoco.
Man mano che andavamo avanti con gli esercizi, in quello che è stato un viaggio temporale interiore tra passato, presente e futuro, per la prima volta ho fatto fatica a leggere e condividere quello che scrivevo. Non riuscivo a parlare alla me bambina e alla me di oggi, ma soprattutto ad immaginare il mio futuro e ad augurarmi qualcosa. Io che di solito parlo sempre, sono stata in silenzio ad ascoltare le storie degli altri, le loro vite, i loro dolori, le loro paure e il loro coraggio. Mi sono commossa ad ogni condivisione di fragilità e mi sono resa conto di come scrivere ci avvicinasse emotivamente l’uno all’altro e che – in fondo – anche se con storie diverse non eravamo poi così lontani. Ho portato a casa il cuore pieno di storie di vita e di amore.
Negli esercizi di gruppo o di coppia ho visto come ognuno di noi avesse un punto in comune, o meglio di contatto.

Con Irene ho scritto un racconto su un amore tormentato che ci aveva accomunato, con Manuel mi sono sentita vicina nel dialogo tra la Paura e il Coraggio, con Roberta ho scoperto di avere gli stessi sogni futuri. Con Elena mi sono sentita affine a parlare della nostra vita e delle nostre delusioni. Con Patrizia ho diviso la stanza e due notti di confidenze come in gita al liceo. Con Margherita, una giovane giornalista, ho confessato le mie sconfitte e la mia voglia di cambiare strada, e nonostante fosse più piccola di me l’ho osservata di nascosto con ammirazione. Con Debora ho condiviso i racconti concisi, gli sguardi di supporto e le pacche sulle spalle. Con ognuno di loro ho provato emozioni forti, ho pianto ad ogni racconto, ho riso di cuore durante tutti i pasti infiniti come in un pranzo di natale con la mia famiglia, ci siamo aperti come se ci conoscessimo da una vita. Perché forse è vero che si riesce a parlare meglio con chi non ti conosce che con chi invece ti conosce da sempre.
Le ore sono trascorse veloci, nonostante il letto fosse scomodo e facesse freddo, nonostante le poche ore di sonno, perché la verità è che c’era caldo dentro. C’era calore a tavola, nei piatti tipici fiorentini preparati con amore da Jacopo mentre bevevamo del buon vino rosso attorno alla stessa grande tavolata, tra una giocata a carte e delle risate a crepapelle. C’era cura e attenzione nel programma delle lezioni di Sara e Paola. C’era semplicità mentre abbiamo festeggiato – in anticipo – con un tiramisù il compleanno di Melissa. Ho sorriso di fronte agli amori adolescenziali di Vittoria e Irene, guardavo quell’amore e ripensavo a quando avevo 16 anni e anche io vedevo le cose solo bianche o nere, eppure ora so quanto grigio c’è in ogni situazione.
Mi sono resa conto, di come mi viene sempre più facile nascondere le mie fragilità dietro all’ironia e delle battute, per paura. Perché far ridere lo trovo sempre più facile o forse perché il mio caos interiore mi spaventa ancora e non so gestirlo del tutto. Non sono riuscita a non piangere ogni volta che ho letto qualcosa di mio, non riuscivo a contenere la mia emotività che come un vulcano puntualmente eruttava.
Per anni mi sono sentita come Dott. Jekyll e Mr Hide, una parte di me ironica e anche un po’ autoironica, sorridente, come mi dicono spesso: quasi da comica. L’altra invece super sensibile e fragile, perennemente commossa a quello che accade nella mia vita e in quello che mi circonda. Due parti opposte, due facce della stessa medaglia che spesso hanno fatto fatica a coesistere. Se c’è una, sparisce l’altra. Perennemente in contrasto come luce ed ombra. Negli anni hanno fatto a pugni e a volte sento ancora il bisogno di far vivere di più una per nascondere l’altra. Spesso mi sono vergognata di questa mia strana ambivalenza. La vivevo come un problema e più gli altri me la facevano notare e più andavo in crisi.
Si può essere cosi diversi? Cosi opposti?
Però lentamente in questi giorni mi sono rivelata per quella che sono, senza vergogna, nelle mie infinite sfaccettature: con tutte le mie fragilità, i miei sogni, la mia perenne commozione, le mie costanti gaffe, le battute penose, le urla e i miei racconti coloriti. Far ridere gli altri mi riesce ancora bene e nel loro sorriso io ho trovato pace. Perché per la prima volta nella mia vita non mi sono sentita strana o ambivalente ma nel posto giusto nonostante le mie tumultuose contraddizioni. Con persone che non mi hanno mai giudicata male e che credevo fossero dei perfetti sconosciuti ma sono diventati dei fantastici amici di viaggio in questa bolla magica durata due giorni.
Ho trovato risposta alla mia domanda: Sì, le mie due personalità possono esistere insieme, nella stessa persona. Ed oggi scelgo di non nasconderle più, ma di viverle a pieno perché insieme mi rendono quello che sono e perché non posso fare a meno di nessuna delle due.
Questa bolla magica ha confermato la mia idea iniziale e cioè che le cose migliori della mia vita sono sempre nate con una nuova esperienza, con un atto di coraggio ma soprattutto che la scrittura per me resta l’unica vera salvezza.
Ogni tanto ritagliatevi due giorni per voi stessi, lontano dal rumore, dal telefono, dalle connessioni sociali e dalla routine. Credetemi funziona.
Regalatevi una bolla magica. Vi salverà.

Ai weekend che ti salvano,
Ai miei amici di viaggio,
Alla parte di me che fa ridere come un bambino, a quella sensibile come una lacrima silenziosa.
3 commenti
Elena Pagani
Un racconto perfetto di quello che è stato questo weekend immerse nella scrittta.
Bravissima, sono parole bellissime e soprattutto sei tu ❤️
Patty
Soprattutto il tuo lato oscuro con me poteva dormire sogni tranquilli 😅😅😅 a presto Fedora, grazie per questi giorni
Debora
♥️